– Titoli + Performance: Le asimmetrie del mercato azionario

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di Mirko Tessari

La diversificazione, questa parola che risuona in ogni testo, libro o articolo.

Ma cosa vuol dire diversificare?

Certo, significa trovare l’equilibro personale di quantità di azionario, obbligazionario e liquidità da inserire nei portafogli.

Ma poi diversificare vuol dire anche dividere ogni asset class in più titoli, non mettere tutte le uova nello stesso paniere per capirci.

Quindi se volessi avere il 50% di quota azionaria in portafoglio, diversificare vorrebbe dire banalmente non inserire solo un titolo.

A questo punto potresti dirmi che è banale come affermazione, che è ovvio.

Si è ovvio, ma vorrei portarti alcune evidenze.

Ti parlo delle asimmetrie finanziare, un po’ collegato al Principio di Pareto (ne abbiamo parlato in questo articolo).

Gli stati uniti rappresentavano solo il 15% dei mercati mondiali nel 1900, ora oltre il 60%.

Al tempo era costituito da poche azioni di cui 425 industriali, 60 servizi pubblici e 15 ferrovie, le finanziarie sono state aggiunte negli anni 70.

La tecnologia una volta non esisteva propriamente come settore, ora domina il mercato.

La fonte principale utilizzata per questo articolo è uno studio di Hendrik Bessembinder, professore di finanza, pubblicato per il Department of Finance, W.P. Carey School of Business, Arizona State University.

Secondo la ricerca, dal 1926 al 2016, solo il 47.8% delle azioni del mercato americano hanno avuto un rendimento superiore ai titoli di stato.

Parliamo di uno studio su quasi 26.000 azioni che compongono tutto il mercato americano, su 90 anni come orizzonte temporale.

Le singole azioni tendono ad avere una vita piuttosto breve.

Le singole società possono fallire, sparire, delistarsi dal mercato.

La vita nella mediana di una azione è di 90 mesi circa.

Una strategia basata sulla scelta delle singole azioni molto spesso performa meno rispetto ai rendimenti dei mercati obbligazionari.

Solo 5 azioni rappresentano il 10% del rendimento totale del mercato complessivo.

Il 4% del totale delle azioni ha offerto la maggior parte dei rendimenti del mercato americano

Inoltre il 50% della ricchezza finanziaria dipende da circa l’1% dei titoli quotati sul mercato.

Solo il 42% dei titoli presi in considerazione hanno reso più del tasso offerto dai titoli di stato.

Alcuni titoli, invece di creare valore, lo distruggono quindi offrono o hanno offerto performance negative.

I risultati inoltre sono considerati su in orizzonti lunghi e oltre la metà dei rendimenti sono concentrati in pochi giorni, e questo rafforza ancora di più il fattore di rimanere investiti nel mercato anziché fare stock-picking.

Le strategie attive infatti, fatte di continui acquisti e vendite, tendono a sottoperformare i mercati di riferimento più della metà delle volte.

L’utilizzo di questa strategia, lo stock-picking, può essere adottata da quegli investitori che possono apprezzare fortemente l’asimmetria del mercato e quindi la possibilità di forti guadagni (a fronte di possibili perdite più rilevanti) rispetto ad un portafoglio ben diversificato.

La percentuale dei rendimenti positivi, su un portafoglio buy-and-hold (il classico compra e tieni per capirci), passano dal 64.395% in un anno, ad un 87.49% su un orizzonte a 10 anni.

Il fatto che l’ampio mercato azionario sovraperformi i titoli del Tesoro su periodi di tempo più lunghi lo è attribuibile all’asimmetria positiva della distribuzione del rendimento azionario, ovvero a relativamente poche azioni che generano rendimenti elevati, non rispetto alla performance delle azioni tipiche.

Il 78% dei gestori Usa di fondi attivi negli ultimi 5 anni non hanno battuto il benchmark, e non è diverso per i gestori europei.

La verità quindi ci porta alla consapevolezza  che si dovrebbe indovinare il titolo giusto al momento giusto.

Tutti vorrebbero trovare la nuova Amazon, o la nuova Alphabet (è il nome della holding di Google) ma la verità è anche che Amazon si è quotata nel 1997 e valeva 1.40 dollari e in prossimità della bolla Dot-com è arrivata a valere 108 dollari per poi piombare a poco meno di 6 dollari.

Ci sono stati molti alti e bassi fino ai giorni nostri in cui vale oltre i 3.000 dollari ad azione.

Chi l’avrebbe comprata al tempo?

Chi l’avrebbe tenuta dopo esser stati sulle montagne russe? Quanti soldi ci avresti messo?

Ci sono sicuramente investitori e persone che l’hanno fatto ma siamo sicuri che avrebbero fatto all-in per merito di ricerche e studio o semplicemente dominati dal caso?

Il segreto finale, per avere ritorni effettivi positivi e per non mettere a repentaglio il capitale, è diversificare con gli strumenti adatti ed efficienti che possano cogliere le opportunità dei mercati che essi stessi offrono potendo anche riuscire a superare le fasi di ribasso, le uscite di alcuni titoli e i fallimenti di altri.